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Torrefazione del caffè
La torrefazione del caffè è un processo tradizionale, che nonostante la sua grande importanza è ancora progettata e gestita su base empirica, per tentativi e correzioni.
Una visione meno empirica e più scientifica riguardo la tostatura del caffè passa dalla conoscenza della materia prima e dei composti in essa contenuti.
Il testo che segue vuole indagare in modo semplice i principali composti chimici presenti nel caffè tostato e le principali modificazioni fisiche che avvengono durante la torrefazione con particolare focus sulle reazioni chimiche che portano alla formazione di diversi composti, in maniera generale e senza porre per ora distinzioni tra specie di caffè, in modo da portare in futuro alla lettura di approfondimenti più specifici e mirati.
Torrefazione del caffè: la materia prima
Quando si parla di torrefazione del caffè il primo grande ruolo fondamentale è rivestito dalla scelta dei chicchi di caffè verde.
Essi infatti contengono già in parte le sostanze chimiche che porteranno le caratteristiche percepibili all’assaggio della bevanda caffè e in parte i precursori che porteranno alla formazione delle sostanze chimiche che si evolveranno durante la torrefazione del caffè.
Il torrefattore esperto infatti sa che la materia prima va accompagnata verso lo sviluppo delle sue componenti che subiscono delle modifiche e che queste non possono essere create dal nulla. Di conseguenza da eccellenti caffè verdi è possibile ricavare degli ottimi come dei pessimi caffè tostati, ma da pessimi chicchi crudi non è possibile crearne di buoni.

Cos’è la torrefazione del caffè
La torrefazione (o tostatura) del caffè è un intenso processo termico attraverso cui si passa calore ai chicchi di caffè, inizialmente verdi, mediante riscaldamento diretto o indiretto e che porta a modifiche sia fisiche che chimiche dei chicchi.
La tostatura è fondamentale per portare i chicchi di caffè ad avere le caratteristiche chimico fisiche necessarie per essere macinati e per produrre, attraverso l’estrazione, la bevanda caffè.
I gusti, i sapori, gli aromi e tutte le caratteristiche potenzialmente percepibili in tazza a partire dalla materia prima dipendono dal processo di torrefazione del caffè.
Il Joule e la temperatura
Non è possibile parlare di riscaldamento senza iniziare a familiarizzare con l’unità di misura del calore.
Poiché il calore è una delle varie forme che può assumere l’energia, esso viene misurato nel Sistema Internazionale in Joule (J).
Il calore è una forma di energia direttamente connessa all’agitazione termica delle particelle che compongono un corpo. In breve, più le particelle che compongono un corpo si agitano, più questo corpo risulta caldo.
Poiché risulta difficile indicare esattamente quanta energia termica è contenuta in un corpo è stato necessario creare un’ulteriore grandezza fisica: la temperatura.
La temperatura definisce la capacità di un corpo di scambiare energia termica (calore) con l’esterno (o altri corpi), in altre parole la temperatura può essere considerata come indicazione dello stato di movimento medio delle particelle presenti in un corpo.
Per misurare la temperatura nel modo più semplice si utilizza un termometro. Quando un termometro viene posto vicino a un corpo caldo, le particelle del corpo caldo (in movimento) trasmettono questa energia alle particelle del liquido presente nel termometro che quindi iniziano a muoversi fino al raggiungimento di uno stato di equilibrio termico con il corpo cui sono state messe a contatto.
Maggiore l’energia trasmessa, maggiore il movimento delle particelle che compongono il liquido del termometro. A livello macroscopico questo aumento di movimento viene rilevato con un aumento del volume del corpo che viene quindi misurato con una scala appropriata.

All’interno della tostatrice la temperatura viene invece misurata mediante l’utilizzo di una o più termocoppie.
Ogni termocoppia è composta da due fili di metallo differente (i conduttori) uniti a un’estremità in un punto detto giunto caldo e dall’altra collegati separatamente a un punto detto giunto freddo, a formare un circuito.
Il giunto caldo ed è il punto nel quale viene applicata la temperatura da misurare mentre l’altra estremità (giunto freddo) è collegata ad un corpo la cui temperatura è nota.
La differenza di temperatura tra i due giunti crea quello che è chiamato effetto Seebeck, ossia due metalli differenti tra loro, se riscaldati sono in grado di dare corrente all’interno del circuito a causa di una differenza di potenziale, che può essere utilizzata per misurare (derivare) la temperatura del corpo misurato attraverso l’uso di un voltmetro.
Conduzione, convezione e irraggiamento
Durante la torrefazione del caffè avviene un trasferimento di calore dal sistema circostante verso i chicchi di caffè.
Come abbiamo visto i corpi possono trasferire tra loro calore. Le modalità di trasmissione del calore sono tre:
• conduzione;
• convezione;
• irraggiamento.
La conduzione è il metodo con cui il calore si trasmette negli oggetti solidi e negli oggetti messi a contatto tra loro. Attraverso questo meccanismo gli atomi del corpo più caldo (eccitati) trasmettono le loro vibrazioni agli atomi del corpo freddo cui sono messi a contatto che a loro volta trasmettono questa vibrazione agli atomi loro vicini, trasmettendo in questo modo calore.
Questo è il caso del tamburo rovente della tostatrice che messo a contatto con i chicchi di caffè trasferisce loro calore per conduzione. All’interno dei chicchi di caffè stessi il calore viene trasmesso dalle particelle esterne a quelle più interne per conduzione. Bisogna ora specificare che gli atomi all’interno dell’oggetto non si muovono liberamente ma “vibrano sul posto”.
La convezione termica, si ha quando almeno uno dei due corpi che si scambiano calore è un fluido (come ad esempio l’aria). Tale fluido deve essere posto in moto relativo rispetto all’altro corpo con cui scambia calore. Questo movimento può essere dato in modo naturale dai “moti convettivi” oppure in modo forzato (ad esempio tramite l’utilizzo di una ventola). Le modalità di trasmissione del calore sono similari a quelle della conduzione ma a livello macroscopico si presenta anche il moto del fluido che trasporta tale energia.
Durante la tostatura l’aria calda lambisce il chicco di caffè trasmettendo calore sulla sua superficie attraverso il fenomeno della convezione (con particelle eccitate che si muovono verso la superficie del chicco con successiva trasmissione di tale energia), dalla superficie del chicco all’interno del chicco stesso (per lo meno per quanto riguarda i materiali solidi) il calore viene poi trasmesso per conduzione.
Per quanto riguarda l’irraggiamento bisogna ricordare che qualsiasi corpo emette radiazioni elettromagnetiche; Quando l’energia viene emessa dal corpo caldo sottoforma di radiazioni elettromagnetiche investe un secondo corpo, una parte viene assorbita e una parte riflessa. La sola componente assorbita dell’energia raggiante porta all’effettivo riscaldamento del corpo e quindi una trasmissione di calore per “irraggiamento”.

Reazioni endotermiche ed esotermiche
Durante la torrefazione del caffè, all’interno del chicco, avvengono reazioni chimiche. Una reazione chimica che mentre si svolge sviluppa calore è detta “esotermica” (libera energia), al contrario una reazione chimica che durante il suo svolgimento assorbe calore dall’esterno viene chiamata “endotermica” (richiede energia).
Una reazione “esotermica” può in ogni caso aver bisogno di calore per essere attivata e poi sviluppare una maggiore quantità di calore rispetto a quello necessario per l’attivazione.
Spesso si pensa erroneamente che le reazioni esotermiche nel chicco inizino dopo il primo crack (momento in cui durante la tostatura il chicco di caffè scoppietta con il numore caratteristico simile a quello dei pop corn).
Nel riscaldamento del caffè le curve calorimetriche mostrano un picco endotermico al di sopra di 100 ° C (transizione della fase acquosa) e a temperature più elevate, una tendenza esotermica. Queste reazioni esotermiche iniziano a circa 140 ° C per i chicchi di caffè verde. Questi fenomeni esotermici sono principalmente attribuiti alle reazioni che avvengono a livello dei carboidrati contenuti nei chicchi46 .
Modifiche fisiche dei chicchi durante la torrefazione del caffè
Durante la tostatura i chicchi di caffè subiscono modificazioni fisiche che riguardano brevemente il volume, la massa, la relativa densità e la colorazione.
Per quanto riguarda il volume, esso aumenta indicativamente del 40-65% a seconda di fattori quali tempo e temperatura di tostatura45.
La massa persa riguarda l’evaporazione dell’acqua, perdita di materia organica, degradazione ed evaporazione di sostanze. Secondo Oosterveld et al., le perdite di peso dell’11%, 15% e 22% rappresentano rispettivamente chicchi di caffè tostati chiari, medi e scuri45.
La colorazione dei chicchi di caffè varia con il variare dell’intensità della tostatura (tempo/temperatura) in gioco.

Effetto della tostatura sulla composizione chimica del caffè
I semi di caffè, oltre ad acqua e minerali, contengono una grande quantità di sostanze le cui concentrazioni possono variare a seconda del tipo di caffè.
In generale, i componenti principali dei semi di un caffè sono i carboidrati ma sono presenti anche altre sostanze contenenti azoto, proteiche e non, lipidi, acidi organici, sostanze volatili, oli e sostanze fenoliche.
Le reazioni che hanno luogo durante la tostatura presentano ancora oggi dei buchi conoscitivi dovuti alla difficoltà di riprodurre dei risultati nei laboratori di tutte le reazioni che hanno luogo all’interno del seme di caffè. Quel che è certo, e diversi studi lo dimostrano, è che la tostatura modifica quella che è la composizione chimica di partenza dei semi di caffè.
Ovviamente una tostatura “spinta” porta ad una variazione molto più significativa sulla composizione chimica rispetto ad una tostatura “leggera”. In prima battuta il processo di tostatura porta alla formazione di anidride carbonica e acqua.
L’anidride carbonica è quantitativamente il componente volatile più importante che ha origine durante la tostatura, ma non conferisce aroma al caffè. Questa ha origine da reazioni di pirolisi e dalla reazione di degradazione di Strecker.1 Successivamente si ha la degradazione di carboidrati, proteine e acidi clorogenici, con un relativo aumento in acidi organici, mentre i livelli di trigonellina e caffeina restano grosso modo invariati.2
Qualunque sia il grado di tostatura, un seme di caffè tostato presenterà sempre una componente volatile, ossia un insieme di composti chimici che hanno la tendenza ad evaporare, e una non-volatile.
La tostatura gioca un ruolo fondamentale per un produttore di caffè in quanto permette di ottenere una componente non-volatile, responsabile dell’aroma del caffè, che altrimenti esisterebbe solo in parte.
Componente non-volatile dopo la torrefazione del caffè
Da un punto vista chimico, la componete non-volatile di un seme di caffè torrefatto è costituita sostanzialmente da:3
- Alcaloidi come caffeina e trigonellina, che donano robustezza e corpo al caffè;
- Macromolecole come proteine e polisaccaridi, come cellulosa ed emicellulosa, che giocano un ruolo fondamentale nella ritenzione di tutta la componente volatile dopo la tostatura;
- Acidi uminici e melanoidine, derivati dalla reazione tra amminoacidi e monosaccaridi nella tostatura e che conferiscono il classico colore scuro al seme;
- Acidi carbossilici responsabili dell’asprezza;
- Acidi clorogenici principalmente cinnamici, caffeici e ferulici;
- Lipidi (terpeni, trigliceridi, steroli) che conferiscono una certa viscosità;
- Minerali come potassio, manganese, ferro e rame, che svolgono un ruolo importante durante le reazioni che avvengono nella tostatura.
Molte delle specie chimiche elencate presentano temperature di evaporazione che vengono raggiunte e superate durante il processo di tostatura. Quindi molte sostanze dovrebbero andar via dal seme tostato, cosa che tuttavia non avviene probabilmente a causa della conformazione dei micropori interni ai chicchi di caffè.
La struttura dei micropori interna ai chicchi di caffè non è ancora stata completamente svelata, si sospetta una struttura a “plasmodesma” o una più caotica struttura tridimensionale permeabile di polisaccaridi. In questo ultimo caso la rete permeabile di polisaccaridi impedirebbe il degassamento dei chicchi e l’affioramento degli oli in superficie47.
Un aumento della degradazione dei polisaccaridi a temperature più elevate potrebbe essere la causa dei micropori della parete cellulare più ampi che si trovano nei campioni di caffè tostati ad alta temperatura e che causano un maggiore degassamento e migrazione degli oli in superficie47.
In effetti, la capacità di trattenere i gas formati durante la torrefazione rappresenta una delle proprietà più notevoli dei chicchi di caffè. Sulla base del contenuto totale di CO2 e della porosità del chicco, sono state riportate pressioni interne massime (a seconda delle ricerche scientifiche consultate) di 4,4 atm e 7,9 atm nei chicchi di caffè48.
È risaputo che l’aumento della pressione interna ai chicchi di caffè porta, ovviamente, a un aumento della temperatura necessaria all’evaporazione di molte sostanze chimiche.
Ma cosa accade quando la pressione interna al chicco di caffè diviene troppo alta? Bisogna prima di tutto ricordare che durante la tostatura dal chicco di caffè avviene l’evaporazione dell’acqua. Quando il suo contenuto scende sotto il 2 – 1,5 % comporta una modifica nella consistenza del chicco che passa da da plastica e viscosa a fragile e di facile rottura4.
L’aumento della pressione interna causata dai gas e l’aumento della fragilità del chicco portano alla formazione di crepe interne ed esterne al chicco e al famoso fenomeno del “cracking”.
Torrefazione del caffè: Alcaloidi
Non è semplice definire brevemente un alcaloide. Gli alcaloidi possono essere definiti come delle molecole cicliche, cioè chiuse su se stesse, contenenti almeno un atomo di azoto e di origine vegetale.
Sono sostanze altamente reattive e sin dagli anni ’40 sono oggetto di studio in farmacologia. Alcuni alcaloidi come quelli appartenenti alla classe dei taxani, sono stati impiegati in chemioterapia viste le loro ottime proprietà antitumorali; la loro struttura chimica ha rappresentato il punto di partenza per molti ricercatori della messa a punto di altri farmaci antitumorali come il docetaxel.5

Caffeina e trigonellina appartengono alla famiglia degli alcaloidi e fanno parte di quei composti chimici non-volatili contenuti in un seme di caffè.
La caffeina (1,3,7-trimetilxantina) fu isolata dai chicchi di caffè dal chimico Friedlieb Ferdinand Runge nel 1819. La maggior parte degli studi riguardano i suoi effetti fisiologici sull’uomo che vanno ad influenzare diversi apparati: urinario, nervoso, circolatorio, ecc. Per quanto riguarda il suo ruolo all’interno del seme, si ipotizza funga da deterrente per parassiti e patogeni.
La sua concentrazione all’interno di un seme verde può variare tra lo 0,9 e il 2,5%. Seppure la torrefazione del caffè provochi una riduzione totale del contenuto di caffeina fino al 30%, nei caffè con torrefazioni più scure è spesso rilevabile un maggiore contenuto di caffeina44.
Questo accade perché durante il processo di torrefazione del caffè, oltre alla caffeina i chicchi perdono peso a causa dell’evaporazione di acqua e altri composti. Per questo motivo la percentuale di caffeina risulta aumentata nei caffè tostati scuri rispetto ai caffè tostati chiari anche se nella realtà il livello totale risulta diminuito.
Dati hanno evidenziato che la temperatura di tostatura, piuttosto che il tempo, influisce maggiormente sul contenuto finale di caffeina44.

Un altro alcaloide presente nel caffè è la trigonellina (circa 0,6 %), derivante dalla metilazione dell’acido nicotinico. Ci sono diversi studi che dimostrano come questo alcaloide abbia delle proprietà antitumorali mentre non vi sono studi che chiariscono la sua funzione fisiologica all’interno del seme.
Gioca un ruolo importante nel processo di tostatura poiché porta alla formazione di piridine, acidi e pirroli. Infatti una quantità variabile di trigonellina, tra il 50-80%, viene degradata durante il processo di tostatura (la quantità degradata dipende dal grado di tostatura).7

Macromolecole: proteine e polisaccaridi
Il caffè verde ha un contenuto in proteine che può variare tra il 10 e il 15%, di cui all’incirca l’1% costituito da aminoacidi liberi, che scompaiono con la tostatura dove sono precursori per la formazione di composti volatili come furani, piridine, pirazine e pirroli.8
Gran parte del peso secco di un seme di caffè però è dovuto ai polisaccaridi (circa 50%), principalmente cellulosa e arabinogalattani, che costituiscono il 25% della parete di un seme.9
A causa di degradazioni termiche, durante la tostatura si può avere una perdita di carboidrati tra il 10 e il 40%, dove i polisaccaridi rilasciano monosaccaridi che poi vengono coinvolti in reazioni di Maillard con le proteine del seme.10
Oltre ai polisaccaridi, nei semi di caffè buona parte dei carboidrati è costituita anche dal saccarosio, di cui però resta ben poco dopo la tostatura. Questo subisce un processo di degradazione, chiamato idrolisi, che lo trasforma in glucosio e fruttosio.
Glucosio e fruttosio possono essere convertiti in acidi alifatici oppure partecipare nelle reazioni di Maillard con proteine e aminoacidi. Alla fine di una tostatura “spinta”, il 96-98 % di saccarosio risulta degradato.
Il contenuto in acidi del caffè sarà tanto maggiore quanto più spinta è la tostatura poiché maggiore è la quantità di saccarosio degradato.11
La formazione di acido lattico, formico e acetico, viene descritta da Lobry-de Bruyn-van Eckenstein che descrivono come glucosio e fruttosio, derivanti dall’idrolisi del saccarosio, portino alla formazione di molecole (1,2-endiolo e 2,3-endiolo) che poi evolvono ad acidi. Gli acidi formati durante la tostatura tuttavia non hanno un effetto significativo sul pH finale del caffè.
Questo effetto sembrerebbe essere in contraddizione con quanto detto fin ora (concentrazione maggiore di acidi = pH minore = caffè più acido). In realtà la presenza di sali presenti nel caffè permette di tamponare questo effetto. Tuttavia il gusto finale del caffè dipenderà molto dal quantitativo e dal tipo di acidi presenti nella bevanda finale. 12
Torrefazione del caffè: Acidi uminici e melanoidine
Gli acidi uminici sono composti chimici naturali che si formano grazie all’azione microbica di batteri su materia organica (vegetale o animale) o da reazioni complesse tra amminoacidi e carboidrati.
Non si parla di un singolo acido ma bensì di una miscela complessa di acidi la cui composizione cambia a seconda della materia organica dalla quale viene generata.13
Le melanoidine invece sono sostanze complesse dal colore scuro e sono appunto responsabili della colorazione bruna del caffè tostato. Si generano in seguito alla tostatura e rientrano in quella categoria di molecole che vantano un potere antiossidante sia sull’alimento che sulle cellule dell’organismo che le assorbe.14
Acidi carbossilici e clorogenici
Gli acidi carbossilici sono una classe di molecole facilmente identificabili in quanto è presente una sequenza di atomi COOH.
Gli acidi carbossilici rappresentano una parte della componente non-volatile dei semi di caffè dopo la tostatura, generatasi in seguito alle complesse reazioni che avvengono durante la tostatura.

Dire con precisione quale sia la classe di sostanze da cui hanno origine (se da proteine, lipidi o polisaccaridi) non è semplice in quanto un acido carbossilico può liberarsi facilmente, grazie alle elevate temperature della tostatura, da qualunque macromolecola presente in un seme di caffè.
Tuttavia è dimostrato che la maggior parte degli acidi liberati durante la tostatura ha origine dal saccarosio. Gli acidi più abbondanti che si ritrovano alla fine del processo di tostatura sono acido lattico, formico, acetico, citrico e malico, tutti solubili in acqua e che quindi influiranno sul gusto finale del caffè.

Gli acidi carbossilici possono formare legami a idrogeno che portano le molecole a restare legate tra di loro come una sorta di rete, impedendo alle stesse di evaporare. Questo, oltre alla struttura dei pori, spiega il perché queste sostanze restino intrappolate nonostante le elevate temperature che si raggiungono nel processo di tostatura.15
Composti fenolici
Tra i composti che rivestono un ruolo chiave nel caffè vi sono i composti fenolici. Tra questi abbiamo acidi clorogenici e polifenoli, come i tannini.
Gli acidi clorogenici sono dei derivati dell’acido chinico la cui concentrazione nel seme aumenta durante l’accrescimento dello stesso, per poi diminuire drasticamente col raggiungimento della maturazione. Ammontano a circa il 10% del peso del seme verde Arabica e il 4% per Robusta.16
Durante la tostatura la concentrazione degli acidi clorogenici diminuisce e degradano a melanoidi ed altri composti di basso peso molecolare, come alcuni acidi fenolici, ma una quantità significativa resta intrappolata all’interno del seme stesso. Sembrano avere delle buone proprietà antiossidanti e svolgono quindi anche un’importante azione protettiva contro i radicali liberi, responsabili dell’invecchiamento.
Spesso si usa il termine acido clorogenico che si riferisce però al solo prodotto ottenuto dalla combinazione dell’acido caffeico con l’acido chinico.17

I polifenoli sono una classe di molecole molto studiate grazie alle loro proprietà antiossidanti e segnalati per avere degli effetti positivi a livello sia cardiovascolare che contro la crescita tumorale.18
I tannini (come l’acido tannico) sono dei composti polifenolici solubili in acqua che possono essere suddivisi in 2 categorie: tannini condensati (chiamati anche flavanoli) e tannini idrolizzabili.
Diversamente dai condensati, i tannini idrolizzabili sono facilmente degradati da acidi ed enzimi, portando alla formazione di zuccheri e acidi fenolici come l’acido gallico.19
Il contenuto di tannini nel caffè tostato finale dipende essenzialmente, come per la trigonellina ed altre sostanze, dalla temperatura che si raggiunge durante il processo di tostatura. Si va da una concentrazione di circa 51,60 milligrammi a 3,10 mg per 10 grammi di caffè, andando da un caffè verde ad un caffè tostato “scuro”.20

Torrefazione del caffè e lipidi
Altra componente importante dei semi di caffè sono i lipidi. La frazione lipidica è composta principalmente da triacilgliceroli (circa il 75%), acidi grassi (1%), steroli, tocoferoli e diterpeni.21
Di particolare interesse sono il cafestolo e il kahweolo in quanto è stato dimostrata una loro azione protettiva dall’insorgenza di alcuni tipi di tumori nell’uomo anche se la loro funzione all’interno del seme è ancora ignota.22 La degradazione di queste due molecole durante la tostatura è ancora oggi oggetto di studio.
Il 16-O-metilcafestolo è un’altra sostanza di interesse poiché oltre a non essere prodotta dai semi di Arabica, ma solo dalla varietà Robusta, non degrada durante la tostatura e questo la rende utile per rilevare: “Quanta Robusta c’è nelle miscele di Arabica?”.23
La frazione di acidi grassi è costituita principalmente da acidi grassi insaturi (acido oleico, linoleico e linolenico), importanti per preservare la freschezza del caffè.24

Minerali
Il potassio rappresenta il 40% di tutti i minerali presenti in un seme verde di caffè (circa 1-2 grammi per 100 grammi di caffè verde) mentre la parte restante è costituita principalmente da magnesio, calcio, manganese, ferro e rame.
La composizione minerale di un seme però dipende molto dal suolo in cui viene coltivata la pianta che dà origine al frutto. Ci sono pochi studi riguardo il loro coinvolgimento nelle reazione che avvengono durante la tostatura, ma si ipotizza possano fungere da catalizzatori, cioè aumentano la velocità di una reazione.25
Componente volatile dopo tostatura
La componente volatile di un seme di caffè al termine della tostatura è ancora più complessa della parte non-volatile. A partire dalla pianta fino ad arrivare al seme, nel caffè sono state individuate diverse centinaia di sostanze chimiche volatili, molte dei quali con una funzione ancora sconosciuta ma che rappresentano a pieno tutta la complessità della chimica del mondo vegetale.
Un seme di caffè verde contiene all’incirca 300 composti volatili, molti dei quali vengono degradati durante la tostatura, altri restano stabili, altri trasformati. Ma è proprio la tostatura il passaggio chiave per un buon caffè finale.
Il processo di torrefazione permette di aumentare la concentrazione di composti volatili, arrivando a sfiorare anche il migliaio di specie presenti in un seme e dando vita grazie alla loro combinazione, all’odore tipico del caffè. Le sostanze chimiche volatili possono essere classificate in:26
- Tioli, tiofeni e tioazoli;
- Pirazine, piridine e pirroli;
- Furani;
- Aldeidi e chetoni;
- Fenoli.


β-damascenone
Analisi gascromatografiche olfattometriche, come ad esempio quella nota con la sigla AEDA (aroma dilution extraction analysis), hanno permesso l’individuazione di alcune molecole chiave responsabili dell’aroma del caffè, derivanti da reazioni che avvengono durante il processo di tostatura.
Tra queste abbiamo: 3-mercapto-3-metilbutilformiato, 2-furfuriltiolo, β-damascenone, guaiacolo, 4-vinilguaiacolo, 4-etilguaiacolo e 5-etil-3-idrossi-4-metil-2(5H)-furanone. Alcune delle principali note positive del caffè (agrumato e fruttato), sono dovute ad una classe di composti chiamati monoterpenti (linalolo, limonene, geraniolo…), che vengono liberati durante la tostatura dalle catene polisaccaridiche.27

Durante il processo di tostatura vi è lo sviluppo di anidride carbonica, un componente volatile ma inodore. E’ quantitativamente il componente volatile più abbondante e si sviluppa da reazioni di pirolisi e dalla reazione di degradazione di Strecker (chiamata così perché il chimico tedesco Adolph Strecker fu il primo a scoprirla nel 1862).
La quantità di anidride carbonica che si sviluppa dipende sicuramente dal grado di tostatura e può essere superiore ai 10 millilitri per grammo di caffè tostato. E’ dimostrato che il 45% di anidride carbonica formatasi viene rilasciata dal seme tostato durante i primi 5 minuti dopo la tostatura. 29

Reazioni durante il processo di tostatura
Le reazioni coinvolte durante la tostatura sono estremamente complesse poiché coinvolgono un gran numero di sostanze. Tuttavia sono indispensabili ai fini dell’aroma del caffè. Tra queste abbiamo:30
- Reazione di Maillard: reazione tra composti azotati (proteine, peptidi e amminoacidi) e carboidrati da un lato, e composti acidi e fenoli dall’altro per formare amminoaldoesosi e amminochetoni attraverso condensazione;
- Degradazione di Strecker: reazione tra un amminoacido e un composto carbonilico per formare amminochetoni che condensano a formare composti eterociclici aromatici o reagiscono con formaldeide a dare ossazoloni;
- Formazione di composti a base di zolfo a partire da amminoacidi e intermedi della reazione di Maillard;
- Degradazione di trigonellina con formazione di piridine, pirazine e pirroli;
- Degradazione di acidi clorogenici con formazione di fenoli;
- Degradazione di pigmenti, soprattutto carotenoidi;
- Degradazione di lipidi, soprattutto diterpeni.
Come detto la tostatura è un processo fondamentale per un produttore di caffè in quanto permette di modificare la composizione chimica di un seme di caffè verde, migliorandone l’aromaticità e il gusto.
Durante il processo di tostatura la temperatura all’interno del seme di caffè supera i 180 gradi Celsius. A questa temperatura si hanno diverse reazioni tra cui abbiamo la reazione di Maillard che genera le melanoidine, e non solo, che costituiscono il 29% del peso di un seme di caffè tostato.31
La reazione prende il nome dal chimico francese Louis Camille Maillard che fu tra i primi a studiarla. Quando si parla di reazione di Maillard non ci si riferisce ad un’unica reazione ma ad un insieme di reazioni molto complesse che avvengono tra zuccheri e proteine.
Affinché queste reazioni avvengano c’è bisogno di alte temperature che si raggiungono normalmente quando un cibo viene cotto. Dopo la cottura il cibo ci apparirà con un colore tendente al marrone bruno e arriverà al nostro naso con un aroma che ci ricorda quello del pane appena sfornato.32
Tutto questo è indice appunto che è avvenuta la reazione di Maillard. Concentrazione dei reagenti, acidità, temperatura e tempo di cottura sono parametri che influenzano la reazione. Da un punto di vista schematico la reazione può essere divista in 3 fasi: 33

- Reazione tra uno zucchero e un amminoacido che ritroviamo al termine di una catena proteica. La reazione porta alla formazione di una molecola facente parte della famiglia delle glicosammine. Queste molecole sono molto instabili e, grazie ad una serie di reazioni dette di isomerizzazione, evolvono a composti più stabili chiamati chetosamine o composti di Amadori (il nome deriva dal chimico italiano Mario Amadori che fu tra i primi a studiarle). Questo passaggio chiave nella reazione di Maillard è fortemente influenzato dall’acidità e non porta alla formazione di molecole odoranti o colorate ma solo alle chetosamine, composti intermedi che si trasformeranno successivamente nella seconda fase della reazione.
- La seconda fase della reazione è ancora più complessa della prima in quanto si possono avere più reazioni contemporaneamente che portano ad un insieme di nuove sostanze. Innanzitutto si può avere la distruzione delle chetosamine originate nella prima fase attraverso una disidratazione (reazione seguita da perdita di acqua) o scissione che porta alla formazione di acidi carbossilici e aldeidi come la gliceraldeide e aldeide piruvica. Oltre alla distruzione però, i composti di Amadori possono trasformarsi in nuovi composti chiamati alfa-dicarbonilici. I composti alfa-dicarbonilici a loro volta possono chiudersi su sé stessi (ciclizzazione), scindersi oppure reagire con amminoacidi liberi formando anidride carbonica (degradazione di Strecker). Da questa seconda e complessa fase si ottengono delle molecole che sono responsabili dell’aroma del caffè tostato come furani, pirazine, piridine, pirroli, ecc. 34
- La terza fase consiste nella formazione di sostanze che conferiranno il classico colore marrone scuro la seme di caffè tostato ossia proteine brune e melanoidine. Le melanoidine sono formate via reazioni di polimerizzazione tra furani e/o pirroli ma anche via policondensazioni tra aldeidi e chetoni. 35 Quest’ultima fase però è molto delicata poiché se la temperatura del processo di tostatura è troppo elevata può generarsi l’acrilammide.36
La torrefazione del caffè e l’acrilammide
L’acrilammide è un composto di basso peso molecolare, molto solubile in acqua che si forma dalla reazione dell’amminoacido asparagina con degli zuccheri, normalmente presenti in alcuni alimenti, a partire da temperature superiori a 120 gradi Celsius. 37
Perché è dunque più facile trovare maggiori quantitativi di acrilammide nel caffè tostato chiaro rispetto al caffè tostato scuro? Bisogna sapere che, seppure l’acrilammide si formi ad alte temperature, a temperature maggiori viene rimossa in buona parte, più è alta la temperatura raggiunta nel chicco, minore acrilammide troveremo alla fine del processo.

Studi dimostrano come l’acrilammide può aumentare il rischio di sviluppare il cancro ed essendo presente in molti alimenti di uso quotidiano, tale preoccupazione riguarda tutti i consumatori indistintamente dalla fascia di età.
Il REGOLAMENTO (UE) 2017/2158 della commissione del 20 novembre 2017, stabilisce le misure di attenuazione e i livelli di riferimento per la riduzione della presenza di acrilammide negli alimenti.
Il controllo dei livelli di acrilammide nel mercato del caffè parte dalla coltivazione delle piante da caffè fino ad arrivare al prodotto finale. Il livello di riferimento di acrilammide, cioè il massimo quantitativo possibile, è di 400 μg per chilogrammo di caffè torrefatto e di 850 μg per chilogrammo di caffè solubile. 38
Non è raro trovare nel seme di caffè tostato dei prodotti intermedi, cioè che non si sono degradati completamente durante la reazione, come il 5-idrossi-metilfurfurale spesso chiamato più semplicemente con la sigla HMF. 39
Questo si genera durante la tostatura dalla reazione di idrolisi del fruttosio che ha origine dal saccarosio (reazione che viene utilizzata anche per produrlo attualmente su scala industriale) o dal glucosio. 40
L’HMF è stato recentemente riconosciuto come una molecola molto versatile per la produzione di diversi prodotti chimici (agenti fungicidi, farmaci e plastica). Attualmente vi sono molti studi scientifici riguardo questo composto in quanto potrebbe essere utilizzato per sostituire alcune sostanze che attualmente si ricavano dal petrolio. 41
Se per un chimico l’HMF rappresenta una molecola interessante, per un consumatore di caffè non sarebbe un bene trovarlo ad alte concentrazioni nella propria tazza. Numerosi studi dimostrano come l’HMF sia una molecola citotossica, irritante per gli occhi, per la pelle e per le mucose respiratorie.
Recenti studi condotti su ratti dimostrano come sia anche capace di promuovere l’insorgere di tumori nel tratto gastrointestinale. 42 Per cui i suoi livelli nel seme di caffè tostato vanno periodicamente controllati anche se le alte temperature del processo provvedono alla degradazione della molecola in aldeidi e chetoni.
Di conseguenza non esiste un reale pericolo di trovare quantitativi importanti di HMF nel caffè finale che possano compromettere il nostro desiderio quotidiano di questa bevanda. 43

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Divulgatore, trainer e barista ma prima di tutto appassionato di caffetteria. Credo che l'approccio scientifico per dare risposte alle curiosità del barista sia la base della creazione di una figura professionale.
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Juri Donvitohttps://www.7gr.it/author/juri/
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Sono un chimico sperimentale con approccio verso la chimica sostenibile e l'utilizzo di fonti rinnovabili per la sintesi di materie plastiche biodegradabili. Nutro grande interesse verso una corretta divulgazione scientifica con argomenti concentrati in particolare sulla chimica tossicologica-forense.
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