Montare il latte tra falsi miti e realtà: Le proteine

Montare il latte tra falsi miti e realtà: Le proteine

Nella mia carriera da barista e trainer, mi sono accorto di avere appreso e spesso trasmesso io stesso nozioni errate derivate da informazioni dettate da professionisti, libri e dispense di caffetteria. Per questo motivo da quattro anni a questa parte sto svolgendo un forte lavoro di revisione e verifica scientifica delle informazioni circolanti negli ambienti della formazione di qualsiasi livello.

Nell’ultimo anno mi sono periodicamente imbattuto in argomenti riguardanti la montatura del latte e ho scritto a riguardo una guida, per chi se la fosse persa riporto di seguito il link “Come montare il latte al bar: la guida completa“.

La montatura del latte è forse uno degli argomenti della caffetteria su cui è possibile trovare più leggende metropolitane e falsi miti oltre che terminologie utilizzate in modo improprio.

Con il chimico sperimentale Salvatore Impemba abbiamo iniziato la scrittura a quattro mani di un breve ciclo di letture riguardanti i più grandi falsi miti trasmessi durante i corsi di caffetteria, per primo “La composizione chimica del latte” di cui è necessaria la lettura prima di proseguire per avere ben chiari i concetti espressi. In questa pagina tratteremo invece le principali modifiche riguardanti le proteine del latte durante la montatura.

Daremo infine risposta a importanti domande del mondo della caffetteria.
Se vengono superati i 70°C nel montare il latte, le proteine denaturano?
Superati i 70°C, a partire dalla denaturazione delle proteine, può derivare sapore di cotto ?
Le proteine denaturate destabilizzano il latte montato?
Quando il latte viene montato, per quale motivo montandolo una seconda volta il risultato non è lo stesso?

Iniziamo…

Cosa accade alle proteine quando il latte viene riscaldato?

Quando un alimento contenente proteine viene riscaldato, quello che sicuramente accade è la conseguente denaturazione delle medesime. Lo stesso quindi accade nel latte quando viene montato (vedremo poi in che modo e in che percentuali) ma ancora prima quando viene trattato termicamente per avere un latte ad uso alimentare.

Una proteina può essere vista come una lunga catena formata da tanti amminoacidi legati l’uno all’altro.(1) La catena può raggrovigliarsi su sé stessa grazie a delle interazioni chimiche che ci sono tra gli amminoacidi. La forma che la proteina può assumere, detta conformazione, dipende dalla sequenza amminoacidica e dalle condizioni ambientali.

La forma a più bassa energia che la proteina assume, cioè quella iniziale, è chiamata forma nativa.(2) Quando si parla di denaturazione di una proteina non si sta parlando di un cambio della sequenza amminoacidica che la costituisce ma semplicemente di un cambio della sua conformazione nativa, ossia la struttura che prende naturalmente nello spazio.

Questo cambio può essere indotto da agenti denaturanti o più semplicemente da un cambio della temperatura. Le sieroproteine vengono denaturate completamente in 60 minuti a 77,5°C, in 30 minuti a 80°C e in 5 minuti a 90°C. Le caseine sono meno facilmente denaturabili con il calore e non denaturano neanche a 100°C se non trascorrono almeno 12 ore, mentre a 155°C denaturano in 3 minuti.(4)

Le caseine, che rappresentano l’80% delle proteine nel latte, si trovano come strutture sferiche chiamate micelle al cui interno sono contenuti dei minerali. A causa della loro elevata concentrazione rispetto alle altre proteine, le caseine influenzano fortemente le caratteristiche del latte. Il resto della porzione proteica è rappresentano dalle sieroproteine che contengono un’alta percentuale di zolfo.(5)

Studi dimostrano che quando il latte subisce trattamenti termici blandi, fino a 60 °C, si hanno degli effetti solo su quelle proteine che possiedono caratteristiche idrofobiche, come la β-caseina e le β-lattoglobulina con la loro graduale denaturazione.(6)

Dopo il dispiegamento (denaturazione) delle proteine può avvenire la loro aggregazione. Lo spiegamento di una proteina è un processo reversibile, cioè può tornare indietro, se il calore viene fermato prima che avvenga l’aggregazione.

In molti testi per denaturazione delle proteine si intende la somma dei due fenomeni, spiegamento e aggregazione (denaturazione insolubilizzante).(8)

La β-lattoglobulina si trova sulla superficie delle caseine micellari e quando riscaldata, si stacca da questa superficie causando una perdita di stabilità al calore anche delle micelle che possono perdere fosforo e legare meno il calcio.(9) Resta comunque la sieroproteina meno denaturabile che mostra una rottura dei suoi legami zolfo-zolfo intorno a 140°C. (10)

La β-caseina è molto sensibile ai cambi di temperatura e può distaccarsi facilmente dalle micelle. Separata dalle micelle, la β- caseina può formare degli aggregati solubili in acqua con circa 40 unità amminoacidiche. (11)

Glicopeptidi, ossia proteine con porzioni di carboidrati, sono stati trovati nel latte quando questo viene riscaldato a temperature superiori a 50°C.(12)

Come vediamo nel grafico sottostante, la denaturazione insolubilizzante (aggregazione e successiva insolubilizzazione) delle proteine rimane un processo che deve tenere conto di tempo e temperatura, maggiori i tempi e le temperature cui il latte viene sottoposto, maggiore è il numero di proteine denaturate. Per esempio a 70°C in 5 minuti abbiamo la denaturazione di appena il 6% delle proteine del siero e dopo 30 minuti circa il 25%.(15)

Nel grafico sono state riportate le percentuali di denaturazione insolubilizzante delle sole proteine del siero in quanto la denaturazione delle caseine per le temperature in gioco risulta trascurabile. Ricordiamo inoltre che la denaturazione riportata è stata misurata dopo periodi di riscaldamento di 30 minuti, ben superiori ai tempi di consumo del cappuccino.

Le proteine denaturate destabilizzano il latte montato?

Al contrario di quel che si pensa le proteine denaturate favoriscono la stabilizzazione della schiuma del latte montato. Questo ovviamente fin quando non avviene una denaturazione eccessiva e conseguente aggregazione, in questo caso si avrà l’effetto opposto, ossia una minore capacità schiumogena e minore stabilità.

Il probabile malinteso potrebbe derivare dalla confusione che si crea nell’utilizzo dei termini “denaturazione” e “aggregazione e insolubilizzazione”.

Non sono stati trovati molti studi riguardo il grado di deaturazione ideale delle proteine per massimizzare la schiumabilità e la stabilità, è tuttavia verosimile pensare che i tempi e le temperature in gioco non portino a una denaturazione delle proteine tale da intaccare la stabilità del latte montato.

Se vengono superati i 70°C nel montare il latte, le proteine denaturano?

Abbiamo imparato a distinguere tra denaturazione delle proteine e insolubilizzazione delle proteine, e che la denaturazione favorisce la stabilità della schiuma fin quando non è eccessiva o non comporta l’aggregazione con conseguente insolubilizzazione.

Come abbiamo visto la denaturazione delle proteine deriva dalla temperatura ma anche e soprattutto dal tempo cui sono poste a tale temperatura. La denaturazione delle proteine esiste a 50°C come a 70°C, tuttavia difficilmente può esistere una forte denaturazione a queste temperature per i tempi che intercorrono dalla creazione del cappuccino alla consumazione da parte del cliente e sicuramente l’insolubilizzazione causata dal calore risulta minimale.

Bisogna sottolineare che il metodo utilizzato nelle caffetterie per insufflare aria all’interno del latte è l’iniezione di vapore che induce un cambiamento termico nello stesso e che potrebbe avere un effetto significativo non solo sulla struttura fisica del latte (formazione di bolle e aumento dell’acqua), ma anche su quella che è la sua composizione chimica e sulla conformazione delle proteine. Potrebbe essere di conseguenza l’azione del vapore il più grande responsabile della denaturazione delle proteine nella montatura del latte.

Bisogna quindi stare attenti a non superare i 70°C per paura di denaturare le proteine del latte? Ci sentiamo di bocciare all’unanimità questo falso mito, a meno del raggiungimento di temperature decisamente più elevate o per tempi maggiori.

Superati i 70°C, a partire dalla denaturazione delle proteine, può derivare sapore di cotto ?

Nelle proteine native i gruppi -SH sono nascosti e sono poco reattivi. Con la denaturazione delle proteine questi gruppi diventano accessibili e quindi reattivi e finiscono per degradare a causa del forte calore. Si sospetta che la degradazione di questi gruppi possa conferire il famoso sapore di “cotto”, con la formazione di idrogeno solforato che si trova in quantità apprezzabile dopo un breve riscaldamento a 80°C o un lungo riscaldamento a 70°C.(15) A meno di raggiungere temperature davvero ustionanti per il cliente ci sentiamo di bocciare questo falso mito.

Quando il latte viene montato, per quale motivo montandolo una seconda volta il risultato non è lo stesso?

Tralasciando tematiche complesse quali l’igiene dell’alimento, come abbiamo visto le proteine denaturate (se non si sono aggregate) tendono a tornare alla loro forma originaria. Verrebbe da pensare che riportando il latte a temperatura da frigorifero e montandolo nuovamente il risultato non vada a cambiare. Nella realtà ci dimentichiamo che attraverzo l’iniezione di vapore andiamo ad aggiungere al latte una buona quantità di acqua, il latte risultante sarà annacquato e la pratica ci dimostra che, verosimilmente in buona parte per questo motivo, è impossbile ottenere un risultato identico alla prima formazione di latte montato.

Con la lettura di oggi abbiamo riportato un poco di ordine nelle informazioni riguardo le modifiche chimiche che le proteine possono subire durante la montatura del latte al bar, non ci resta che aspettare le prossime letture per parlare di grassi e carboidrati.

BIBLIOGRAFIA:

1 – F. Franks, D. Eagland, The role of solvent interactions in protein conformation, CRC Crit. Rev. Biochem, 1975, 3, 165-219.
2 – V. A. Bloomfield, Association of proteins, J. Dairy Res., 1979, 46, 241-252.
3 – P. J. Flory, Statistical Mechanics of Chain Molecules, John Wiley & Sons, New York, 1969.
4 – C. Tanford, Protein denaturation, Advances in Protein Chemistry, C. B. Anfinsen, M. L. Anson, J. T. Edsall, F. M. Richards, Academic Press, New York, 1968, 23,122-275.
5 – D. G. Schmidt, Colloidal aspects of casein, Neth. Milk Dairy J., 1980, 34, 42-64.
6 – T. A. J. Payens, H. J. Vreeman, Casein micelles and micelles of α- and β-casein, Solution Behavior of Surfactants, K. L. Mital, E. J. Fendler, Plenum Press, New York, 1982, 1, 543-571.
7- J. N. de Wit, Structure and functional behavior of whey proteins, Neth Milk Dairy J., 1981, 35, 47-64; J. N. de Wit, G. Klarenbeek, A differential scanning calorimetric study of the thermal behavior of bovine β-lactoglobulin at temperature up to 160°C, J. Dairy Res., 1981, 48, 293-302.
8 – J. N. de Wit, G. Klarenbeek, Effects of various heat treatments on structure and solubility of whey proteins, J. Dairy Sci., 1984, 67, 2701-2710.
9 – L. K. Creamer, G. P. Berry, A. R. Matheson, The effect of pH on protein aggregation in heated skim milk, J. dairy Sci. Technol., 1978, 13, 9-15; S. Kudo, The influence of casein on the heat stability of artificial milks, J. Dairy Sci. Technol., 1980, 15, 245-254; G. R. Howat, N. C. Wright, The heat coagulation of caseinogen: the role of phosphorus cleavage, Biochem J., 1934, 28, 1336-1345; J. E. Kinsella, Milk proteins: Physicochemical and functional properties, CRC Crit. Rev. Food. Sci. Nutr., 1984, 21, 197-262.
10 – K. Watanabe, H. Klorstermeyer, Heat-induced changes in sulphydryl and disulphide levels of β-lactoglobulin and the formation of polymers, J. Dairy Res., 1976, 43, 411-418.
11 – R. N. Carpenter, R. J. Brown, Separation of casein micelles from milk for rapid determination of casein content, J. Dairy Sci., 1985, 68, 307-311; D. G. Dalgleish, The enzymatic coagulation of milk, Applied Science Publishers, London, 1982, 1, 157-183.
12 – E. J. Hindle, J. V. Wheelock, The release of peptides and glycopeptides by action oh heat on cows’milk, J. Dairy Res., 1970, 37, 397-405.
13 – J. E. Kinsella, Functional Properties of Proteins: Possible relationships between structure and function in foams, Food Chemistry, 1981, 7, 273-288.
14 – M. Levy, The Effects of Composition and Processing of Milk on Foam Characteristics as measured by Steam Frothing., Interfepartmental. Programme. Animal and Dairy Science. Louisiana State University, Baton Rouge, USA.
15- Charles Alais, Scienza del latte (1988)

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Divulgatore, trainer e barista ma prima di tutto appassionato di caffetteria. Credo che l'approccio scientifico per dare risposte alle curiosità del barista sia la base della creazione di una figura professionale.

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Sono un chimico sperimentale con approccio verso la chimica sostenibile e l'utilizzo di fonti rinnovabili per la sintesi di materie plastiche biodegradabili. Nutro grande interesse verso una corretta divulgazione scientifica con argomenti concentrati in particolare sulla chimica tossicologica-forense.