Barista, non superare i 70°C che caramellizzi il latte: Verità o fantasia?

A seguito della lettura “Montare il latte tra falsi miti e realtà: le proteine” in molti mi hanno chiesto che modifiche subisce il lattosio durante la montatura del latte.

Questo perché una delle frasi più ripetute durante i corsi di caffetteria è “Non superare i 70°C in montatura che altrimenti gli zuccheri caramellizzano con conseguente amarezza percepibile nel latte montato”. Una frase ormai scontata per moltissimi baristi e altrettanti esperti del settore.

Ma è davvero così? Ci sono fondamenti scientifici riguardo questa affermazione o è semplicemente una leggenda metropolitana tramandata di generazione di baristi in generazione?

Siamo finalmente arrivati al terzo capitolo della serie di letture riguardanti le modificazioni chimiche che avvengono ai componenti del latte durante la montatura. Per chi si fosse perso i precedenti capitoli consiglio di iniziare dalla “Composizione chimica del latte“.

Oggi con il supporto del chimico sperimentale Salvatore Impemba scoperchieremo l’ennesima leggenda o riaffermeremo una verità?

Cominciamo a ragionare su alcuni dati derivati da ricerche scientifiche riguardo il lattosio, il principale zucchero del latte….

Cosa accade al lattosio quando viene riscaldato?

Come abbiamo visto in precedenza il lattosio disciolto nel latte è stato trovato in due forme chiamate α e β che possiedono le stesse proprietà nutrizionali. A temperatura ambiente (circa 20°C) si ha una predominanza della forma β (63%), mentre a temperature superiori ai 90°C prevale la forma α.

Quando il latte viene riscaldato avvengono delle reazioni tra le porzioni amminoacidiche terminali delle proteine e i gruppi -COOH del lattosio. Questo fenomeno, chiamato lattosilazione ha inizio già a 37°C e aumenta costantemente con l’aumentare della temperatura (6).

Durante il riscaldamento il lattosio subisce delle reazioni che possono avere delle importanti conseguenze sul latte: a seconda della quantità di calore e tempo a cui è sottoposto cambia in odore, colore, valori nutrizionali e acidità.

Come abbiamo visto, con il trattamento termico del latte il lattosio può reagire con i gruppi amminici delle proteine (nel latte principalmente la lisina). Con il raggiungimento delle alte temperature (sopra i 100°C) avviene quella che è chiamata reazione di Maillard (la stessa che porta all’imbrunimento del pane, il caffè, la carne ecc…), una complessa serie di reazioni chimiche in cui la quantità e la tipologia di prodotti formati dipendono da vari fattori tra cui il pH del latte, la temperatura e la durata del trattamento (1). Quel che è certo è che la composizione chimica del latte e le sue proprietà organolettiche cambiano a causa della formazione soprattutto di composti carbonilici e aromatici.

Nella prima fase si ha la reazione tra il lattosio (lo zucchero del latte) e i gruppi amminici terminali delle proteine (gruppi amminici posti alle estremità delle catene proteiche) o con residui amminoacidici liberi.

Successivamente alla prima fase si ha la formazione dei composti di Amadori, seppure questo fenomeno non porti a grandi modifiche nella colorazione e nel sapore, la conseguenza più grande in questa fase è la perdita della disponibilità di lisina o amminoacidi liberi quali la cisteina.

Se la reazione prosegue si arriva alla fase avanzata della reazione di Maillard con la rottura dei composti di Amadori, qui si possono ottenere diverse rotte di reazione con la formazione di una vasta gamma di prodotti, di cui alcuni ancora sconosciuti. In questa fase vi è una modifica nel gusto e nell’aroma del latte.

Lo stadio finale della reazione comporta la formazione di melanoidine (composti dalla caratteristica pigmentazione marrone) con gusti e aromi che possono essere negativi come gusto amaro e aromi di bruciato, solvente, rancido, sudato, cavolo o positivi come ad esempio di maltato, simile a crosta di pane, caramello, caffè tostato.

Più la reazione di Maillard avanza, meno lattosio e lisina risultano disponibili.

Nuovi residui di lisina risultano tuttavia disponibili man mano che il calore degrada le proteine, di cui la lisina è uno degli amminoacidi che le compongono.

Essendo in questo caso i residui di lisina liberati dalla catena amminoacidica (proteina), per reagire con il lattosio non è più necessario che essi siano all’estremità della proteina stessa.

Studi hanno dimostrato che il riscaldamento del latte a 120 °C per circa 6 minuti porta alla liberazione del 3,6 % di lisina, mentre con un riscaldamento a 130 °C per 5 minuti, porta alla formazione del 6,8 % di residui di lisina. Un riscaldamento indiretto, per esempio a bagnomaria, a 115 °C per 40 minuti, permette al latte di aumentare la biodisponibilità di residui di lisina arrivando anche al 13 %.

Oltre alla reazione di Maillard, il lattosio può subire reazioni che comportano la sua degradazione in glucosio e galattosio (i suoi componenti).

Alla luce di tutto questo il lattosio può davvero caramellizzare durante il processo di montatura del latte se viene superata la soglia dei 70°C?

Per rispondere a questa domanda dobbiamo prima di tutto capire di cosa parliamo quando diciamo “caramellizzazione“.

Sia la caramellizzazione che la Razione di Maillard sono delle reazioni di imbrunimento non enzimatico.

La Caramellizzazione avviene ad alte temperature ed è fortemente influenzata dalla presenza di zuccheri, dall’eliminazione di acqua e dall’ossidazione. Avviene ad alte temperature (circa 150°C anche se alcune fonti riportano per il lattosio temperature leggermente superiori ai 200°C), in presenza di poca acqua e un quantitativo elevato di zucchero. La caramellizzazione non coinvolge i gruppi amminici.

Immaginate di mettere dello zucchero su una padella e accendere il fuoco, piano piano lo zucchero tenderà visivamente a “sciogliersi” e acquisire un colore bruno trasformandosi in “caramello” attraverso reazioni di caramellizzazione.

Da questa definizione possiamo capire che le reazioni di Maillard possono essere confuse a livello macroscopico con la “caramellizzazione”, in quanto anche loro possono portare con il protrarsi del tempo all’imbrunimento tipico del caramello. (5)

Esclusa la caramellizzazione dobbiamo quindi chiederci se effettivamente potrebbero avvenire le reazioni di Maillard durante la montatura del latte una volta superati i fatidici 70°C.

Per questo possiamo osservare ai tempi e le temperature di degradazione del lattosio studiati per quanto riguarda i trattamenti termici del latte, in quanto in presenza di queste reazioni si deve osservare inevitabilmente una sua diminuzione (a causa della degradazione) nel contenuto totale.

Una prima ricerca non ha riscontrato evidenti differenze nel contenuto di lattosio in campioni di latte crudo, latte che è stato portato a 71.7°C per un tempo di 15 secondi e latte che è stato portato a 135°C per un tempo di 2 secondi (6). Una seconda ricerca ha rilevato una variazione minimale nel contenuto di lattosio (circa 0,5%) in latte trattato da 135 a 144°C rispetto al latte non trattato. Mentre una terza ricerca non ha rilevato differenze statisticamente significative nel contenuto di lattosio tra latte crudo, pastorizzato e UHT (7).

Queste ricerche, in accordo tra loro, confermano che è inverosimile per i tempi e le temperature in gioco nella montatura del latte (nettamente più basse rispetto a quelle sopra riportate), pensare che possa esistere una degradazione del lattosio tale da destare la minima preoccupazione per il barista.

La risposta alla fatidica domanda “Il lattosio durante la montatura del latte, superati i 70°C, può caramellizzare?” in base alle ricerche e gli studi effettuati ci porta a una risposta unanime: “No“.

Con la prossima e ultima lettura di questo ciclo andremo ad approfondire le modifiche che avvengono ai grassi quando il barista monta il latte.

BIBLIOGRAFIA:

1- I. S. Fagerson, Thermal Degradation of Carbohydrates, J. Agr. Food Chem., 1969, 17, 747-750; B. M. Metha, H. C. Deeth, Blocked lysine in dairy products, Comprehensive reviews in food science and food safety, 2016, 15, 206-218; N. Stanciuc, G. Rapeanu, S. Stanciu, Quantitative evaluation of colour development in milk model systems during heat treatment: a kinetic study, Romanian Biotechnological Letters, 2010, 15, 5331-5341.

2- P. A. Finot, R. Deutsch, E. Bujard, The extent of the Maillard reaction during the processing of milk, Prog. Fd. Nutr. Sci., 1981, 5, 345-355.

3- T. Henle, H. Walter, H. Klostermeyer, Evaluation of the extent of the early Maillard-reaction in milk products by direct measurement of the Amadori product lactuloselysine, Unters Forsch, 1991, 193, 122-199.

4- F. J. Morales, C. Romero, S. J. Perez, Fluorescence associated with Maillard reaction in milk and milk-resembling systems, Food Chemistry, 1996, 57, 423-428.

5- M. Van Boekel, Effect of heating on Maillard reactions in milk, Food Chemistry, 1998, 62, 403-414.

6- Pinto G. et al., Lactosylated casein phosphopeptides as a specific heated milks (2011)

7- Pestana J et al., Effects of Pasteurization and Ultra-High Temperature Processes on Proximate Composition and Fatty Acid Profile in Bovine Milk. (2015)

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Divulgatore, trainer e barista ma prima di tutto appassionato di caffetteria. Credo che l'approccio scientifico per dare risposte alle curiosità del barista sia la base della creazione di una figura professionale.

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Sono un chimico sperimentale con approccio verso la chimica sostenibile e l'utilizzo di fonti rinnovabili per la sintesi di materie plastiche biodegradabili. Nutro grande interesse verso una corretta divulgazione scientifica con argomenti concentrati in particolare sulla chimica tossicologica-forense.