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Caffè con moka
Una delle domande che più frequentemente viene posta durante i corsi di brewing è “come si prepara il caffè con moka?”. La risposta è che non esiste un unico metodo universalmente accettato ma piuttosto il miglior metodo per ottenere il risultato che si desidera.
Per fare questo bisogna conoscere le variabili in gioco e la loro influenza sul gusto finale in tazza. Tenetevi pronti per un viaggio che farà incontrare le più recenti ricerche scientifiche con una delle più grandi tradizioni italiane.
La moka e le sue componenti
Non possiamo parlare dell’estrazione del caffè con moka senza prima conoscere come essa è composta.
Nella figura sono riportate le principali componenti.

Moka in acciaio o alluminio?
dagli anni ’80 l’acciaio inossidabile ha iniziato a parallelizzare l’alluminio come materiale da costruzione moka. (2)
La prima scelta da fare quando si decide di preparare un caffè con moka è appunto il materiale di cui è composta la moka stessa. I principali materiali in commercio costituenti la moka sono alluminio e acciaio INOX. Non esistono attualmente ricerche scientifiche che mettano a confronto l’estrazione del caffè con moka attraverso i due diversi materiali ma è comunque possibile fare delle considerazioni.
L’alluminio ha indicativamente una conduttività termica a temperatura ambiente di 2,4 W/(cm °C), l’acciaio inox invece di 0,17 W/(cm °C). Questo significa che l’alluminio è in grado di trasferire una maggiore quantità di calore nell’unità di tempo a parità di superficie.
Si potrebbe teorizzare verosimilmente, in attesa di dati scientifici appropriati, che una moka in alluminio possa risultare più reattiva ai cambi di temperatura e possa portare a crescita (o diminuzione) di temperatura e pressione in caldaia più repentine.
Non esiste una scelta migliore, esiste la scelta da fare a seconda dei risultati desiderati, deducibili dalle variabili riportate nel testo che segue.
Caffè con moka: la scelta del caffè
Di primaria importanza per la preparazione del caffè con moka è, appunto, la scelta del caffè. Sbagliare in questa scelta significherebbe rendere vana tutta la catena di preparazione successiva.
Bisogna di conseguenza conoscere le differenze tra le specie, le origini, i metodi di raccolta e lavorazione e le differenze tra le varie metodologie e livelli di tostatura. Queste conoscenze non servono tanto per valutare un caffè prima di assaggiarlo, piuttosto servono a effettuare una scelta più rapida e mirata quando si vuole raggiungere un determinato obiettivo aromatico / gustativo.
Se invece non hai partecipato a un corso di degustazione o di introduzione al caffè nessuna paura, per trovare il caffè che si desidera bisogna comunque assaggiarne le più disparate tipologie. La ricerca del caffè da usare risulta spesso piacevole e comporta l’esplorazione di nuovi panorami aromatici e gustativi, ma soprattutto scoprire il proprio gusto in tema di caffè.
La seconda scelta da fare è se utilizzare caffè in grani o già macinato. Nel primo caso avremo necessariamente bisogno di un macinatore manuale o elettronico ma avremo un caffè che una volta aperto si conserverà molto più a lungo e maggiori possibilità di cambiare il gusto della bevanda finale andando a modificare la granulometria del caffè macinato.
Nel secondo caso, certamente più comodo, avremo minori possibilità di modifica del sapore in tazza e una degradazione più rapida della materia prima durante la fase di conservazione. (5) Il consiglio è dunque quello di utilizzare il caffè in grani se vengono ricercate la sperimentazione e l’alta qualità in tazza e di utilizzare invece il caffè già macinato se vengono cercate la comodità e la semplicità.
Caffè con moka: la scelta dell’acqua
Anche in questo caso il discorso è lungo, complesso, articolato e in continuo sviluppo. Quel che è certo è che la composizione dell’acqua influenza l’estrazione del caffè e la conseguenza esperienza sensoriale in tazza.
A breve, per chi desidera approfondire l’argomento, verrà pubblicato un articolo incentrato sull’importante argomento dell’influenza della composizione dell’acqua durante l’estrazione del caffè!
Il consiglio, anche in questo caso, è quello di sperimentare le più disparate tipologie di acqua e selezionare la migliore per il caffè che si è deciso di utilizzare e la conseguente estrazione.
Come avviene l’estrazione del caffè con moka
La moka utilizza la pressione generata del vapore, prodotta dall’acqua contenuta nella caldaia, riscaldata da una fonte esterna (fornello a gas o elettrico), per forzare verso l’alto la stessa acqua attraverso un letto di caffè tostato e macinato contenuto nel filtro a imbuto. La bevanda così creata viene convogliata verso l’alto attraverso un tubo (cannula) e depositata nel raccoglitore. (2)
Per prima cosa la caldaia viene riempita parzialmente di acqua, in questa fase è importante non superare la valvola di sicurezza, che in caso di pressione eccessiva all’interno della caldaia consente lo sfiato del vapore per ristabilire una pressione adeguata.
Il caffè macinato viene quindi posto sopra il filtro a imbuto che a sua volta viene depositato sulla caldaia. Si provvede quindi ad avvitare il bricco (raccoglitore) sulla caldaia, in modo da creare una chiusura ermetica che non permetta la fuoriuscita laterale di liquidi.
La caldaia si ritrova quindi inizialmente con all’interno dell’acqua a pressione atmosferica e temperatura iniziale (Ti). La moka viene posta a questo punto sulla fonte di calore con conseguente riscaldamento dell’acqua, del vapore acqueo e dell’aria interni alla caldaia.
Il riscaldamento dell’acqua porta all’aumento della tensione di vapore e di conseguenza via via alla formazione di nuovo vapore acqueo sopra la superficie e contemporaneamente aria e vapore vengono riscaldati dal sistema, aumentando così di pressione (a causa della tendenza dei gas riscaldati di espandersi).
L’aumento della pressione della miscela aria/vapore sopra l’acqua la spinge verso il basso, essa messa sotto pressione trova quindi la via d’uscita su per l’imbuto, per entrare a contatto con il caffè presente all’interno del filtro. (5)
Inizia qui la fase di imbibizione, l’acqua inizia a bagnare gradualmente il macinato ed essere assorbita dallo stesso, senza tuttavia avere ancora la forza per procedere verso la fuoriuscita dalla cannula.
Durante le fasi di imbibizione ed estrazione il caffè subisce trasformazioni chimiche a causa dell’interazione con l’acqua, che sostanzialmente compromette le sue proprietà. L’invasione dell’acqua nel letto del caffè, durante la fase di imbibizione, porta alla solubilizzazione dei composti maggiormente solubili e a basso peso molecolare e di sostanze aromatiche più volatili.
Allo stesso tempo avviene il rigonfiamento delle particelle del caffè macinato, dovuto al rigonfiamento dei polisaccaridi insolubili presenti nel caffè torrefatto, sempre in questa fase le particelle di caffè si muovono e cambiano la loro disposizione a causa del flusso dell’acqua. (2)
A questo punto il rigonfiamento del letto del caffè e il movimento delle particelle provocano la riduzione progressiva della porosità del letto del caffè, l’estrazione procede di conseguenza a temperature / pressioni crescenti. (2) L’acqua che trasporta i composti solubili (e in parte insolubili) del caffè supera la cannula per depositarsi nel bricco raccoglitore.
Da notare che la temperatura della miscela aria-vapore rimane per il tempo dell’estrazione considerevolmente inferiore alla temperatura dell’acqua. (2) È dimostrato che l’estrazione inizia a temperature piuttosto basse, vari testi riportano temperature iniziali di estrazione di circa 70 °C se l’acqua inserita all’interno della caldaia è di 20 °C. Temperature nettamente inferiori rispetto a quelle raccomandate dalla SCA per le estrazioni in brewing di 92-96 °C.
Il flusso continua (a temperatura e pressione via via più alte) fino a quando il livello dell’acqua presente in caldaia non scende al di sotto dell’estremità inferiore dell’imbuto del filtro, a quel punto il vapore viene forzato attraverso l’imbuto verso il filtro per entrare in contatto con il caffè e superare la cannula, termina in questo modo la fase di estrazione regolare e inizia la fase vulcanica. (5)
A questo punto l’acqua rimanente in caldaia subisce un’evaporazione intensa, l’operatore riconosce l’inizio della fase vulcanica a causa del suono caratteristico e del caffè che non tende più a scendere in modo ordinato dalla cannula ma si distanzia dalla stessa in modo disordinato, è possibile inoltre riconoscere la formazione di bolle grossolane causate dal vapore che risale dalla caldaia.
Il passaggio di vapore a elevata temperatura (acqua e vapore) attraverso il caffè macinato è deleterio per la qualità dell’estratto poiché, in queste condizioni, tali fluidi sono molto efficaci nel solubilizzare composti di norma meno solubili e composti aromatici meno volatili, conferendo tendenzialmente amarezza, astringenza e organoletticamente sensazioni spiacevoli e descritte come chiodi di garofano, fumosi, bruciati, medicinali / chimici. (2)
Per questo motivo la fase vulcanica va evitata nell’ottenimento di una tazza di caffè di qualità.
La temperatura dell’acqua
Come abbiamo visto in precedenza nella preparazione del caffè con moka tradizionalmente l’acqua è posta all’interno della caldaia a temperatura ambiente, di conseguenza metà del caffè potrebbe essere estratto quando la temperatura dell’acqua è inferiore a 70 ° C, una temperatura nettamente inferiore a quella indicata come corretta per l’estrazione del caffè. (5)
Potrebbe essere utile in tal senso riscaldare l’acqua a circa 70°C prima di inserirla all’interno della caldaia, in questo caso a seconda della conformazione della moka e atre variabili in gioco si potrebbe raggiungere per esempio una temperatura media di estrazione di 88°C, con gli ultimi millilitri di estrazione (prima della fase vulcanica) stimati a 94°C. (5)
K. Fibrianto et al. hanno effettuato estrazioni di caffè con moka su due diverse tipologie di caffè a temperature dell’acqua differenti, 50, 70 e 100°C, secondo i loro risultati le tazze meno amare e più dolci si trovavano con acqua a temperatura di 100°C. Seppure non abbiano riportato le modalità di estrazione e questo dato potrebbe far rabbrividire gli esperti di estrazione di caffè con la moka, esso potrebbe non entrare totalmente in contrasto con i dati di altre ricerche scientifiche e della pratica quotidiana.
Bisogna ricordare infatti che Navarini et al. hanno misurato la temperatura dell’acqua in caldaia e nel filtro (appena sopra al caffè) durante la fase estrattiva con la potenza della fonte di calore a 400 e 600 w, con l’inserimento dell’acqua iniziale a temperatura ambiente.
Per quanto riguarda il primo test (400 W) è stata registrata in caldaia una temperatura in estrazione iniziale di 68,7 °C, una temperatura finale di 117,2 °C con una temperatura media totale di 94,3°C. Nel filtro invece la temperatura iniziale era di 63°C, finale di 95,8°C con una media di estrazione di 78,8°C.
Per il secondo test (600 W) è stata registrata in caldaia una temperatura in estrazione iniziale di 70,2°C, una temperatura finale di 120,6 °C con una temperatura media totale di 97,6°C. Nel filtro invece la temperatura iniziale era di 61,8°C, finale di 97,7°C con una media di estrazione di 80,5°C.
Questi dati mostrano chiaramente che la temperatura dell’acqua in caldaia è sempre più alta rispetto alla reale temperatura di estrazione del caffè.
Dato che la temperatura dell’acqua scelta dipende ad esempio dalla composizione della moka, dalla modulazione della fonte di calore e dalle caratteristiche organolettiche che si vogliono tirar fuori dalla materia prima, è essenziale procedere per tentativi nella creazione della ricetta; 70°C risultano comunque spesso un buon punto di partenza, il range consigliato dai vari testi, in attesa di ulteriori studi, risulta comunque compreso tra 70 e 100°C.
Bisogna sempre ricordare tuttavia che più si alza la temperatura dell’acqua e più bisogna stare attenti alla temperatura della parte finale dell’estrazione, che rischia di diventare molto elevata rispetto a quella desiderata e che le altre varabili in gioco durante l’estrazione rimangono molto importanti anche nel determinare la temperatura reale di estrazione del caffè.

La quantità di acqua
W. D. King ha effettuato un diligente lavoro nel calcolare le meccaniche di variazione della temperatura di estrazione dell’acqua modulando la quantità di acqua presente nella caldaia della moka (per la precisione spazio libero lasciato sopra l’acqua della caldaia).
Senza entrare nel merito delle complicate equazioni riportate da W. D. King (5), possiamo affermare che:
Maggiore spazio libero viene lasciato sopra l’acqua in caldaia (ossia meno acqua mettiamo nella caldaia), più velocemente si ottiene sovrapressione a temperature dell’acqua più basse (ossia l’estrazione inizia prima e con una temperatura media dell’acqua in estrazione più bassa) con sovrappressione in estrazione più elevata.
Viceversa, meno spazio libero viene lasciato (più acqua mettiamo all’interno della caldaia), più lentamente si ottiene sovrapressione e a temperature dell’acqua più elevate (l’estrazione del caffè inizia dopo con temperatura media dell’acqua in estrazione più elevata) con sovrappressione in estrazione più bassa.
Come abbiamo visto le condizioni di riempimento standard determinano temperature di estrazione troppo basse. Se quindi volessimo estrarre il caffè a temperature più elevate, potrebbe essere utile ridurre al minimo lo spazio libero sopra l’acqua presente in caldaia (mettere più acqua), purtroppo la maggior parte dei modelli di moka in commercio non consentono di aumentare molto il livello dell’acqua, in quanto essa finirebbe per coprire la valvola di sicurezza del pressostato progettata per scaricare il vapore in caso di surriscaldamento. (5)
Il consiglio è quello di modulare la quantità di acqua per effettuare aggiustamenti riguardo la temperatura di estrazione, senza mai superare la valvola di sicurezza o scendere vicini all’altezza dell’imboccatura dell’imbuto del filtro.

Caffè con moka: il caffè macinato
Prima di tutto il filtro va riempito fino al bordo e semplicemente livellato, senza creare cunette o pressare il caffè, queste procedure rischierebbero di creare maggiore resistenza all’acqua in estrazione con conseguente forte aumento della temperatura e delle pressioni in gioco, fino a rischiare di portare la caldaia in sovrapressione e causare l’intervento della valvola di sicurezza.
La macinazione del caffè è di importanza fondamentale per l’estrazione del caffè, se si utilizza il caffè in grani è bene sapere che macinandolo più fine si otterrà un caffè più amaro e corposo, con una macinatura più grossolana si otterrà invece un caffè più acido e meno corposo. Importante non macinare il caffè in modo troppo fine, questo rischierebbe di creare un effetto “tappo” con i rischi sopra descritti oltre che portare sapori troppo amari in tazza.

Fiamma alta o bassa?
Le ricerche hanno dimostrato che una energia più bassa donata dalla fonte di calore (ad esempio un fornello tenuto basso) porta a una temperatura media dell’acqua in caldaia durante l’estrazione leggermente inferiore rispetto a una fonte di calore che dona più energia, dove quindi la temperatura media dell’acqua in caldaia in estrazione risulta leggermente più alta.
La temperatura dell’acqua in estrazione in ogni caso diminuisce leggermente rispetto a quella presente in caldaia a causa del contatto con il letto di caffè. (2)
Da questi dati qualcuno potrebbe evincere che la fiamma bassa sia la scelta migliore per mantenere una temperatura di estrazione più bassa, i test comunque riportano differenze minimali nella misurazione della temperatura media per la fase regolare dell’estrazione (prima della fase vulcanica).
Ad esempio una fonte di calore con una potenza di 400 W di energia ha portato a una temperatura media di estrazione di 78,8°C contro gli 80,5°C di una potenza utilizzata di 600 W.
Bisogna ricordare che maggiore è la velocità di aumento della temperatura, maggiore è la pressione poiché la pressione aumenta più velocemente e quindi la velocità di flusso dell’acqua in uscita aumenta di conseguenza. (5)
Questo ci porta a uno dei fattori fondamentali riguardo l’estrazione del caffè, il tempo di contatto tra acqua e caffè.
Maggiore è il tempo di contatto tra caffè e acqua, maggiore è l’estrazione delle sostanze del caffè. Un’estrazione maggiore porta tendenzialmente a gusti più amari in tazza, un’estrazione inferiore invece a gusti acidi, solitamente in tazza si cerca l’equilibrio tra questi gusti.
Di conseguenza, se è vero che una fiamma più bassa tenuta nella preparazione del caffè con moka porta a temperature di estrazione leggermente più basse, è anche vero che la stessa pratica porta a un tempo di estrazione più lungo, con conseguente estrazione di una maggiore quantità di sostanze.
Il consiglio è quello di utilizzare una macinatura leggermente più larga se si decide di utilizzare una fiamma più bassa e, invece, una macinatura leggermente più fine se si utilizza una fiamma più alta. Per la creazione della ricetta bisogna riuscire quindi a calibrare il binomio fiamma / macinatura, sempre bene attenti a non utilizzare una macinatura troppo fine che comporterebbe, oltre che una sovraestrazione delle sostanze, a un ben più rischioso blocco della via di uscita dell’acqua all’interno della caldaia sotto pressione, con l’effetto “tappo” prima descritto.

Fine dell’estrazione
La fase finale dell’estrazione è cruciale per il sapore finale in tazza, c’è chi abbassa la fiamma non appena inizia a fuoriuscire il caffè dalla cannula modificando in tal senso i tempi e la temperatura di estrazione, chi mantiene la stessa potenza fino alla fine.
Bisogna stare bene attenti a non raggiungere la fase vulcanica al termine dell’estrazione, a tal proposito è utile calcolare i tempi necessari a rimuovere la moka prima della fase vulcanica utilizzando una data quantità di acqua e caffè, una data macinatura e una determinata potenza della fiamma. Esistono a tal proposito due principali scuole.
Una prima propone di rimuovere la moka dalla fonte di calore diversi secondi prima della fase vulcanica in modo da non fornire nuova energia all’estrazione, in questo modo man mano che il flusso dell’acqua procede attraverso la cannula la pressione in caldaia va a esaurirsi naturalmente, terminando così l’estrazione.
Una seconda scuola di pensiero propone di continuare l’estrazione fino a un momento voluto, a quel punto la caldaia viene immersa in acqua e ghiaccio, diminuendo fortemente l’energia termica della moka e terminando così l’estrazione.
Bibliografia:
1- N. Caporaso et al. (2014). Neapolitan coffee brew chemical analysis in comparison to espresso, moka and American brews.
2- Navarini L.et al. (2009). Experimental investigation of steam pressure coffee extraction in a stove-top coffee maker. Applied Thermal Engineering, 29(5), 998-1004.
3- G. Concetto. (2007). Experimental analysis of the Italian coffee pot “moka”. American Journal of Physics – AMER J PHYS. 75. 43-47. 10.1119/1.2358157.
4- Carolyn F Ross et al. (2006) Effect of storage conditions on the sensory quality of ground arabica coffee
5- Warren D King. (2008) The physics of a stove-top espresso machine
6- K. Fibrianto et al. (2019) Effect of Mokapot brewing temperature on sensory profiling of Dampit and Tulungagung ljo coffee
Divulgatore, trainer e barista ma prima di tutto appassionato di caffetteria. Credo che l'approccio scientifico per dare risposte alle curiosità del barista sia la base della creazione di una figura professionale.
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